Nella storia, il melone è stato un orfanello che si è guadagnato casa, e dignità: le sue origini, infatti, sono talmente antiche da non aver permesso ad alcuno di attribuirgli adeguati natali. Perciò, dobbiamo prender per buono quanto alcuni affermano circa il fatto che ci arrivi dall’Africa o dall’Asia Minore, dove in origine nasceva spontaneo trovando gli elementi che richiede per crescere bene, ovvero terreni a medio impasto tendenzialmente ricchi di sostanza organica, e temperature sufficientemente elevate, oltre che prive di eccessivi sbalzi climatici.
Pur perdendosi la sua storia nella famosa notte dei tempi, certo è che la presenza del Cocumis melo è documenta fin dai tempi antichi: lo raccontano Sumeri ed Egizi, lo cita Mosè e non si tirano indietro a parlarne neppure i Greci, e con loro i Romani che lo “esportarono” in tutte le regioni dell’Impero in cui fosse possibile coltivarlo. Sopravvissuto alla decadenza dell’Impero Romano grazie a Carlo Magno – che nell’800 d.C. lo riscoprì facendo piantare il Cucumis melo a suo tempo portato in Spagna dai Mori – il succoso melone deve il proprio successo a Marco Polo e al suo “pallino” per i commerci! Considerato cibo prelibato era consumato soprattutto dalle persone abbienti, quelle più istruite e culturalmente raffinate, tanto che il melone fu considerato un bene di lusso. Fu poi l’arte rinascimentale a conferirgli ancor più prestigio, quando – insieme ad altri frutti prelibati – lo mise a inghirlandare i festoni con cui si abbellivano edifici e monumenti.
A cantarne i pregi troviamo pure il Boccaccio (che lo chiamava popone, come ancora oggi avviene in Toscana), ma il riconoscimento più prestigioso il melone lo deve ad Alexandre Dumas – il padre dei tre Moschettieri, per intenderci – che ne era particolarmente ghiotto. Lo apprezzava così tanto che quando dalla biblioteca di Cavaillon – cittadina nei pressi di Avignone cui fece dono di circa 400 volumi – gli chiesero cosa volesse come compenso in cambio del suo generoso contributo, rispose con la richiesta di 12 meloni l’anno, fin quando fosse vissuto: quale migliore garanzia sulla bontà dei meloni di Cavaillon?
Il melone è oggi coltivato in tutte le regioni calde del mondo, in particolare in Europa e Stati Uniti: di conseguenza, molte sono le varietà di questa cucurbitacea dal fusto strisciante, i cui frutti prendono varie forme e colorazioni a seconda dell’area di coltura.
I meloni si distinguono in estivi e invernali: i primi hanno la polpa molto più profumata, gli altri sono un po’ meno saporiti, ma la distinzione principale riguarda la forma – tondeggiante o ovoidale – e la buccia, che varia molto sia nella colorazione sia nella composizione della superficie, da liscia a più o meno reticolata.
Queste informazioni non sono comunque sufficienti per scegliere il melone giusto! Non è infatti facile trovare quello più saporitamente zuccherino: limitiamo allora la scelta evitando i frutti eccessivamente maturi, che potrebbero avere tracce di muffa o qualche ammaccatura. Se possibile scartiamo anche quelli non ancora ben maturi, ma nell’eventualità lasciamoli all’aria fin quando non si saranno ammorbiditi: sono poi da conservare in frigo, e vanno consumati nel giro di pochi giorni. In ogni caso, la scelta del melone vi offre la possibilità di fare la scena degli intenditori che, dopo averlo afferrato delicatamente, lo posano sulla mano per rimirarlo, annusarlo, tastarlo leggermente, rimirare il picciolo… fa sempre effetto!
Ricordiamo che la maggior parte delle varietà di melone è disponibile da giugno a ottobre, e che questo delizioso frutto – spesso servito come contorno, insieme a salumi e formaggi – è una fonte di vitamina A (nella varietà a polpa giallo-arancio), vitamina C e potassio. È un alimento ricco di acqua e dissetante, perfetto per dare refrigerio durante le torride giornate estive.
Alessandra Chirimischi