Chi è il caregiver? Da alcuni viene definito il “paziente nascosto”, in un recente articolo della Fondazione AIOM, si stima che siano circa tremila le persone che, quotidianamente, accompagnano alle visite, si occupano delle pratiche burocratiche, si prendono cura di un familiare o di un amico nel percorso di cura.
Negli ultimi anni l’attenzione verso il caregiver è aumentata in misura esponenziale così come sono aumentati gli studi volti a verificare i bisogni, il vissuto, le criticità ma, ancora, le difficoltà che devono affrontare, le loro necessità, le problematiche sono poco comprese.
In media viene rilevato che un caregiver dedica almeno otto ore al giorno all’assistenza del proprio familiare, con una necessaria e continua richiesta di flessibilità rispetto alle esigenze che spesso mutano e possono non essere del tutto prevedibili. Con questa realtà si intrecciano gli impegni lavorativi e le altre incombenze che il caregiver ha, al di là dello stare accanto al familiare. Per questo motivo è alto il rischio che trascuri se stesso, sviluppando una sintomatologia che compromette la sua qualità di vita e, andando avanti, anche la qualità dell’assistenza.
Risulta fondamentale, quindi, che i clinici, accogliendo il paziente, accolgano anche la persona che sta a lui più vicino, dando anche indicazioni pratiche sulla modalità di assistenza, ad esempio, delle terapie, sui possibili effetti collaterali e la loro gestione. Informare significa, spesso, contenere paure e preoccupazioni che derivano dal ritrovarsi “catapultati” in un ruolo che richiede competenze che, fino a quel momento, la persona né aveva mai sperimentato né pensava di poter acquisire.
Le tutele a livello burocratico, le attività di aiuto delle Associazioni del settore, la rete familiare allargata, sono tutti interventi importanti perché il caregiver si senta meno solo e sostenuto, ma è altrettanto indispensabile che senta di poter chiedere aiuto quando ne avverte la necessità.
In questo è altrettanto fondamentale, però, rispettare ciò che il caregiver vuole; a questo proposito le significative parole di Valentina, la figlia di una paziente oncologica in cura da alcuni anni: “Lo so che mi sto trascurando, so che arriverà un momento in cui crollerò, ma io, ora, voglio stare qui, accanto a mia madre, il mio posto è questo”.
Stare accanto, aiutare la persona ad accorgersi di quelle sensazioni di disagio, di stanchezza e di difficoltà che, se riconosciute precocemente, possono essere risolte e contenute con più facilità. Ma anche e soprattutto rispettare la volontà delle persone ed i loro desideri.
Prendersi cura del caregiver significa, quindi, garantire al paziente una migliore qualità di cura ma anche, al caregiver stesso, una possibilità di ristoro e di riposo in una così delicata fase di vita.
A Maggio parte il progetto voglia di camminare
Primo incontro “conoscitivo “ 15 Maggio ore 17,00 Villone Puccini
I benefici della camminata:
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Effetti positivi sulle funzioni cardiovascolari
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Aumento della funzionalità del sistema immunitario e respiratorio
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Riduzione della percezione del dolore
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Aumento del rilassamento fisico
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Benefici funzionali per coloro che hanno affrontato operazioni al seno
Obbiettivi: Entrare in risonanza con la pressione ritmica ed elastica della camminata con lo scopo di stimolare il benessere dell’organismo.
Il camminare ci riporta alle nostre radici, ci porta a muoverci “lentamente” godendo di ciò che ci circonda e questo è propedeutico per un sano vivere. Il programma è di facile apprendimento, adatto a tutte le età e a tutte le esigenze.
Per le sue caratteristiche peculiari infatti, può essere adottato per mantenere lo stato di benessere, per coadiuvare e integrare un allenamento pre-atletico e atletico, per la riabilitazione post- traumatica e post-fisioterapica e per la prevenzione delle patologie correlate alla senescenza.
Con questo programma, potrete imparare modi diversi di respirare bene, la libertà di cambiare come si respira, il vostro livello di sforzo, i tuoi stati emotivi, ciò che si sente, e ciò che si pensa. Con una maggiore libertà di movimento, i meccanismi automatici di respirazione nel cervello possono assumere e rispondere in modo più efficiente alle esigenze della vita quotidiana.
Movement Intelligence© creato da Ruthy Alon è una vera e propria attività per il benessere.
Prende spunto dai principi del Metodo Feldenkrais®. La genialità di Ruthy Alon le ha permesso di isolare il codice del movimento organico :pressione ritmica e dosaggio della forza.
I gruppi di cammino inizieranno Il 15 Maggio ore 17,00 Villone Puccini ( ritrovo presso il Bar ) durata della Camminata 60 minuti circa. Si consiglia un abbigliamento comodo. In caso di pioggia il corso si svolgerà presso la sede della Associazione Voglia di Vivere Via G. Gentile, 40 Pistoia.
Il gruppo sarà condotto dall’Insegnante del Metodo Feldenkrais® e di Movement Intelligence© Stefania Zarri formatasi con Ruthy Alon.
Per approfondire…
La perdita del tessuto osseo: è un processo naturale irreversibile con l’avanzare dell’età o è una risposta alle condizioni di vita?
BONES FOR LIFE ® DI RUTHY ALON
Il programma di Bones for Life usa il laboratorio della coordinazione del Metodo Feldenkrais e applica i suoi principi di apprendimento somatico dedicato al movimento naturale, dinamico ed elastico della postura eretta che sostiene il peso, necessaria per stimolare la forza delle ossa.
Una ricerca comparata mostra che le donne africane, abituate a portare grossi pesi sulla testa con una grazia priva di sforzo, sono soggette a fratture con una frequenza circa 100 volte minore delle donne occidentali benché la densità delle loro ossa sia più bassa di quelle delle donne in Occidente.
L’elemento saliente del programma è l’allineamento funzionale dello scheletro mentre compie azioni che implicano spostamento di peso, in modo da creare un “effetto domino” che trasmette la forza in modo efficiente attraverso l’intero corpo. Ciò eviterà dispersione di forza, stress meccanico sulle articolazioni vulnerabili ed inoltre combatterà l’osteoporosi.
I numeri dell’ambulatorio.
- Visite cliniche
- Prime visite
- Ecografie
- Mammografie
- Totali
- 706
- 129
- 706
- 296
- 1837
- 1035
- 70
- 623
- 322
- 2050
- 1327
- 149
- 522
- 319
- 2317
- 1306
- 114
- 849
- 297
- 2452
L’ attività del nostro ambulatorio di consulenza senologia impiega molte energie e risorse ma siamo, nel nostro piccolo, soddisfatte dei risultati ottenuti in questi ultimi anni. Anche il 2017 ha confermato un trend di crescita positivo che incoraggia il nostro costante impegno sul territorio.
La tabella ed i grafici descrivono come negli ultimi quattro anni si sono sviluppate e differenziate le attività di prevenzione/diagnosi precoce. Se il grafico riassuntivo mostra nel tempo un incremento continuo del numero delle prestazioni, nel dettaglio si osserva che il numero degli esami mammografici è rimasto pressoché costante mentre le prime visite ovvero i nuovi ingressi , i controlli clinici e gli esami ecografici hanno registrato variazioni decisamente positive. L’ambulatorio fino ad oggi ha accolto più di 6800 donne che hanno ricevuto, una o più volte, una consulenza senologica.
Prestazioni mediche
I numeri del DH oncologico
Il servizio di supporto psicologico si trova presso il DH Oncologia Medica dell’ Ospedale San Jacopo di Pistoia ed è un servizio finanziato da Voglia di Vivere e da A.I.L Sez. Pistoia e Valdinievole.
357 sono stati nel 2017 gli interventi delle psicologhe nel Day Hospital Oncologico dell’Ospedale Sant’Iacopo di Pistoia. I grafici che mettono a confronto gli anni 2016 e 2017 mostrano che il numero dei nuovi pazienti si è notevolmente ridotto nel 2017, mentre è raddoppiato quello dei pazienti in carico a fine dicembre 2017. Si potrebbe pensare che nel 2017 meno persone siano ricorse al servizio, ma ne abbiano usufruito per più tempo.
“Ohana” significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato.
Lilo & Stitch
Il concetto di salute definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” che “non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità” sottende la visione della persona come un’unità inscindibile mente corpo e indica come, nell’affrontare la malattia, ciò divenga ancora più rilevante e richieda un approccio globale al paziente. In tal senso il modello di presa in carico che si va diffondendo tiene conto delle diverse variabili concorrenti allo stato di salute e ai processi di cura, curabilità e care.
Essere attenti al contesto familiare, in particolar modo al/ai caregiver che accompagnano il paziente, rappresenta un importante fattore di cura che non può essere trascurato.
Nel corso degli ultimi decenni si sono osservate profonde trasformazioni nella struttura e nelle relazioni familiari avvenute parallelamente ai radicali cambiamenti del tessuto socioeconomico. Le grandi famiglie, di composizione allargata, si sono progressivamente frammentate dando origine alla famiglia nucleare composta da un numero ristretto di membri.
Quando un componente riceve una diagnosi importante, in realtà è l’intero sistema familiare che la riceve. Accanto al paziente da tutti riconosciuto come tale, si creano le condizioni perché vi siano dei “pazienti nascosti”, ovvero la o le persone che accompagneranno la persona che ha ricevuto la diagnosi in tutto il suo percorso.
Cosa fa un familiare? Accompagna il paziente alle visite, se e quando necessario parla con i medici, si occupa delle formalità burocratiche, dell’alimentazione, delle terapie, dell’igiene personale, sostiene il paziente in ogni momento e può trovarsi nelle condizioni di dover lasciare il lavoro. Ovviamente non è detto che sia una sola persona che si fa carico di tutte queste attività, ma possono essere condivise, laddove possibile, con altri componenti della famiglia.
Nell’approccio globale al paziente, diventa fondamentale, quindi, prendere in carico il sistema familiare come intervento di sostegno alla salute del paziente, rispettando la storia, le risorse e le fragilità della famiglia che arriva, appunto, all’evento malattia con tutto un bagaglio di esperienze e di vissuti che non possono essere trascurati. Ogni famiglia ha il suo livello di adattabilità agli eventi della vita, ha un suo punto di equilibrio e di stabilità che deve essere, in primis, rispettato e, laddove necessario, è importante un percorso di accompagnamento nel trovare un adattamento più funzionale alla situazione che si sta vivendo, preservando il più possibile l’identità dei singoli e dell’intero nucleo.
Far sentire il paziente e tutto il sistema familiare partecipe del processo di cura, rappresenta un fattore protettivo molto importante.
Coniugare la necessità di una presa in carico con il mantenimento di prospettive di ritorno alla propria vita anche se l’oggi è condizionato dalle cure e dalla malattia, resta compito fondante dell’équipe allargata di cura l’attenzione alla storia precedente e il sostegno dei legami e dei progetti.
Qual è stata la tua esperienza?
Ormai è noto, l’ attività fisica regolare è fondamentale dopo un tumore al seno, deve essere però adattata alle pazienti, filtrata e supervisionata da medici specialisti. Che ne direste di tirare qualche colpo di sciabola, spada e fioretto per ritrovare l’equilibrio fisico e psicologico dopo l’intervento?
Una idea, Azienda Sanitaria USL Toscana Centro, semplice ed innovativa che trasforma la scherma in una pratica fisica adattata (A.F. A),efficace per il recupero psicofisico post operatorio. Stoccate e affondi, seguendo una precisa traiettoria, aiutano a recuperare la mobilità del braccio in modo istintivo, favoriscono un miglioramento degli atteggiamenti posturali di tutto il corpo ed il recupero di spalla e braccio dal lato dell’ intervento. Non solo, questa disciplina, tutta giocata in difesa ed al tempo stesso in attacco, contribuisce a ritrovare la grinta e la forza per riprendere confidenza con il proprio corpo e ritrovare la voglia di ricominciare. Ebbene, se le stoccate vi incuriosiscono ed avete voglia di sperimentare l’eleganza del “fleche”ecco tutte le informazioni utili.
Criteri di inclusione :
- donne operate al seno
- senza limiti di età
- che abbiano terminato la fase riabilitativa( se necessaria)
- cicatrizzazzione postuma dell’ intervento avvenuta
Non sono criteri di esclusione:
- la linfoadenectomia
- il linfedema
- la radioterapia
- presenza di post
- chemioterapia in atto.
- Il percorso per le iscrizioni prevede l’invio da parte dei fisiatri, fisioterapisti, chirurghi, oncologi ed associazioni al fisioterapista che fa la valutazione A.F.A per l’azienda sanitaria di provenienza(Prato o Pistoia)
- Per le visite di valutazione da parte del fisioterapista ASL ecco i numeri ai quali potrete rivolgervi :
- Pistoia: numero verde 8002518822 ( dal lunedì al venerdì dalle 11,00 alle 13,00)
- Prato : telefono 0574/807850.
I corsi si terranno presso la palestra della Fondazione C.Ri.D.A. a Montale il martedì mattina dalle ore 10,00 alle 11,00.
Michela Marzano scrive un commovente romanzo sulla maternità, sull’adozione e la genitorialità. Un viaggio nel dolore assoluto, con le parole esatte per nominarlo, una narrazione che ti toglie il respiro, ti porta all’inferno e poi finalmente a rivedere la luce, alla scoperta della verità.
L’autrice: Michela Marzano ( Roma 20 Agosto 1970) filosofa, docente all’ Università di Parigi V. René Descartes ha diretto il dipartimento di scienze sociali della Sorbona. Autrice di numerosi saggi di filosofia morale e politica ha vinto nel 2014, il premio letterario Bancarella con il volume L’ amore è tutto. È tutto ciò che so dell’ amore edito da UTET.
Trama: La sera in cui Giada si ammazza, Daria precipita in una sofferenza che ” coltiva” con dedizione religiosa perché è tutto ciò che le resta della figlia adottiva. Una sofferenza, che la letteratura non deve aver paura di affrontare e che ci porta, pagina dopo pagina, a seguire Daria nel suo buio dove, neanche il marito ed il figlio riescono ad aiutarla. Ricominciare a vivere, per Daria, significa quasi un sacrilegio davanti allo” scandalo” di una perdita così devastante. La sua era una famiglia perfetta: due figli splendidi, un marito, Andrea, insegnante universitario, con il pallino delle parole che, essendo importanti non vanno sprecate. Poi, il suicidio di Giada e tutto diventa buio. Daria, vuole solo ripercorrere il passato barricandosi dietro i ricordi di quando non riusciva ad avere bambini, del momento in cui aveva adottato Giada ed il mondo le pareva essersi aggiustato. E poi, inaspettatamente un figlio naturale, le gelosie, la verità sull’adozione di Giada, i ricordi della maternità, dell’ amore che cura tutte le ferite ma anche dei vuoti, dei dubbi, di una parte di Giada mancante.
Recensione: Un libro intenso, una storia raccontata da una madre trincerata nel suo dolore con flashback improvvisi ed emotivamente potenti. Un viaggio nel dolore ed allo stesso tempo nei bisogni di tutti noi, il desiderio di essere accolti, il nostro insaziabile bisogno di essere amati, perchè senza amore si è morti ,ancor prima di morire.
Michela Marzano, L’amore che mi resta, Einaudi 2017
Via Ripetta 155, libro finalista Premio Strega 2017
Autrice: Clara Sereni, scrittrice, traduttrice, giornalista e altro ancora nel mondo della disabilità psichica e mentale. E’ stata presidente della associazione “La Città del Sole”. Nasce a Roma nel 1946, suo padre è un importante dirigente del P.C. di Roma, ma desidera indipendenza e si avvicina alla estrema sinistra ,intuisce il nuovo e vi si butta a capofitto. Va a vivere da sola, in via Ripetta 155 appunto. Vive in libertà, legge testi di avanguardia e vede film impegnati politicamente che alimentano intere nottate a discutere con il suo gruppo per cercare di capire cosa succede in Italia e nel mondo. Attualmente vive a Perugina e dirige la collana”le farfalle”.
Trama: Il libro è di genere autobiografico . L’autrice racconta la sua vita tra il 1968 e 1977, più precisamente come è stato per lei vivere da sola, in quegli anni di rinnovamento, libertà, ricerca di giustizia e ribellione verso una generazione che ormai aveva fatto il suo tempo. Una donna di 20 anni disorientata dai venti di cambiamento. Combatte la solitudine, le difficoltà e vive i tragici eventi politici di quegli anni con una forte partecipazione personale che le riconosco come caratteristica identitaria che sicuramente ancora la caratterizza. Una donna che ha vissuto il suo tempo e lo ricorda a chi come lei si è impegnata e lo racconta a chi come me non è riuscita a coglierlo e a capirlo spostando di qualche decennio la consapevolezza sociale e civica.
Analisi: L’autrice ha pubblicato il libro nel 2015 e racconta i fatti del decennio 1968-1977. certamente trovandosi in un momento significativo della propria vita può riflettere con calma su quello che ha vissuto da giovane. Io aggiungerei però che altri autori (Francesco Piccolo, Romano Lucherini….) hanno pubblicato libri relativi a quel decennio solo dopo il 2000. Probabilmente quella generazione così impegnata si è sentita delusa dalla escalation della violenza di quegli anni e non si è identificata nella contestazione sanguinaria tra gruppi politici opposti. Il desiderio di raccontare episodi della propria vita fa sì che ne scaturisca una storia che ha sapore di verità e di informazione. Leggere questo libro significa, secondo me, confrontare le nostre esperienze di quel periodo con esempi di vita vissuta che arricchiscono e fanno riflettere. Il lessico è colloquiale, ma il costrutto e la punteggiatura sono più simili al linguaggio parlato che scritto.
Giudizio: L’argomento richiede spiccati curiosità e interesse riguardo agli anni 1968-1977. E’utile leggerlo per un confronto se, come me , si è contemporanei dell’autrice, e’ importante per le generazioni di oggi conoscere momenti della vita italiana che ha poi prodotto questa nostra Italia contemporanea ( considerando che i fatti storici studiati in quinta superione al massimo arrivano alla guerra fredda tra Comunismo e Capitalismo).
Mariangela
Noi due come un romanzo
“Adesso sto davvero bene qui, tra gli amori di carta. Amori sicuri che non si dissolvono in una ragnatela di rughe e che hanno messo a tacere le compassionevoli preoccupazioni di amiche ed amici, ex mariti, ex amanti, convinti che in campo sentimentale io non abbia seguito quella che loro, sapientoni, definiscono un’evoluzione. “
L’autrice: Paola Calvetti ( Milano 1958) si è diplomata al Liceo Linguistico Alessandro Manzoni di Milano, si è laureata al Dams di Bologna ed ha iniziato a collaborare al quotidiano Repubblica con recensioni sullo spettacolo. Dal 1993 al 1998 ha diretto l’ufficio stampa del Teatro alla Scala. Ha lavorato per trasmissioni Rai ed in particolare ha partecipato alla trasmissione di Rai Tre Linea Notte con la rubrica La libraia dell’amore. Finalista al Premio Bancarella con il romanzo d’esordio, L’amore Segreto, i cui diritti sono stati acquistati da Rai Cinema e Urania Film. Nel 2004 è uscito per Bompiani Né con te né senza di te, giunto alla quarta edizione in quattro mesi. É autrice di Cara Sorella,(2011) Olivia, ovvero la lista dei sogni possibili, ( Mondadori 2009) e Gli Innocenti, ( Mondadori 2017)
La trama : Vi è mai capitato di svegliarvi una mattina e sentire che la vostra vita è ad un punto di svolta? A Emma, accade d’improvviso, alla soglia dei fatidici cinquant’anni quando ormai è una donna arrivata, con una brillante carriere, un figlio adolescente ed un ex marito garbato e gentile. Eppure Emma sente che qualcosa deve cambiare ed accetta la sfida: rileva la cartoleria ricevuta in eredità da una zia e la trasforma in una stravagante libreria. Sogni&Bisogni, questo il nome, venderà solo romanzi d’amore e diventerà in poco tempo il rifugio ed il luogo d’incontro di tanti personaggi , uomini e donne, giovani ed anziani che portano le loro vite fra i libri e così facendo ne scoprono di nuove. Anche Emma ritroverà, grazie alla libreria, Federico il suo grande amore che vive a New York ed è sposato. I due, per colmare la distanza che li separa stringeranno un patto : scriveranno solo lettere di carta che voleranno veloci fra due caselle postali ma, il delicato equilibrio di questa storia d’ amore, non può durare per sempre…
Il commento: Sogni&Bisogni è il nome di una libreria che vi incanterà: tanti personaggi che sembrano uscire dalle pagine dei romanzi, e che sono invece, persone vere con le loro vite e la voglia di ritrovarsi e raccontarsi. La storia si intreccia in mille sfumature e si concentra sull’animo umano e la sua realizzazione. La scrittura semplice e ricca di citazioni si fa incalzante ed emozionante assecondando i” sogni e bisogni” dei protagonisti.
“Noi due come un romanzo,” Paola Calvetti – Arnoldo Mondadori Editore – 2009
“Tutti abbiamo dentro un’insospettata riserva di forza che emerge quando la vita ci mette alla prova”
I. Allende
Il necessario adattamento che la vita chiama a mettere in campo ogni giorno, di fronte all’incontro con una patologia oncologica, subisce un inevitabile “scossone”. Alla persona protagonista di questo, possono essere richieste capacità che, magari, fin a quel momento non pensa di possedere.
Il carico emotivo, l’incertezza, la sofferenza fisica ed emotiva dovute anche al percorso di cura, comportano un elevato distress ed una necessaria ricerca di un nuovo equilibrio.
Il concetto di “patient empowerment”, coniato e sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dal 1970, sta a significare il coinvolgimento del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute. Ad oggi, molto lavoro c’è ancora da fare per la sua quotidiana traduzione nella prassi clinica, ma certamente questo concetto più generale può essere realmente efficace se la persona sente di poter essere lei stessa efficace, di avere un ruolo attivo nella sua vita.
Un compito, quindi, che i clinici hanno è quello di creare e condividere dei percorsi che supportino i pazienti a sviluppare il senso di autoefficacia, laddove è carente, e rafforzarlo.
L’autoefficacia (Bandura, 1997) può essere definita come “l’insieme delle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati”, in altre parole, la fiducia che la persona ha delle proprie capacità e di come queste possano condurre agli effetti desiderati. Non è un sinonimo di una generica fiducia in se stessi, ma prevede una profonda convinzione di poter affrontare in maniera efficace le sfide, di essere all’altezza delle situazioni.
“L’autoefficacia, non è dunque una misura delle competenze possedute, ma la credenza che la persona ha in ciò che è in grado di fare in diverse situazioni con le capacità che possiede”
L. Borgogni
Il senso di autoefficacia risente delle esperienze, delle relazioni che la persona ha nel suo “bagaglio” di vita, ma è importante considerare che queste possono essere integrate con possibilità altre che nascono dai nuovi incontri che la persona fa nel corso della sua esistenza.
La rete familiare, sociale, il team curante possono essere fonte di una sensazione nuova di maggiore sicurezza ed efficacia. Comunicare, condividere le scelte terapeutiche, mettere la persona al centro del proprio percorso di cura è vitale. Essere ascoltati, avere una comunicazione diretta con i curanti e con i propri familiari riduce i livelli di ansia, preoccupazione e stress legati alla malattia. Un buon grado di informazione, una sufficiente fiducia nelle proprie capacità e la sensazione di poter mantenere un senso di controllo sulle conseguenze del proprio comportamento sono alcuni degli elementi importanti per affrontare al meglio le difficoltà. È indubbio che, di fronte a patologie croniche od oncologiche non è solo questo costrutto che ne determina l’andamento ma è sicuramente un fattore fondamentale. Porsi obiettivi graduali e commisurati alle effettive possibilità è un buon modo per aumentare il
proprio senso di autoefficacia.
Le persone con un buon livello di autoefficacia sono più inclini ad adottare strategie più funzionali al mantenimento di un buono stato di salute calibrate sulle peculiarità del momento specifico che si trovano a vivere.
Ed io? Ho fiducia nelle mie capacità?
Come ho vissuto le difficoltà che ho incontrato nella mia vita?
Ho “scoperto” qualcosa che non sapevo di me?
La presenza di un nodulo al seno, non è l’unico campanello di allarme che dovrebbe spingere una donna a rivolgersi al proprio medico, ci sono altri segnali ai quali dobbiamo prestare molta attenzione.
- alterazione della pelle che può diventare a “buccia di arancia” o cambiamenti della forma del seno come
- avvallamenti o rigonfiamenti
- alterazioni del capezzolo che può apparire retratto o più sporgente, che può secernere liquido o sangue o
- che può diventare molto duro o dare prurito.
- rigonfiamenti del seno o di una parte di esso
- ingrossamento dei linfonodi ascellari o del collo
Può davvero essere molto difficile distinguere una ghiandola, una ciste, o alterazioni del seno da un nodulo sospetto. Per questo, prima di allarmarsi , è bene contattare il proprio medico di base che potrà prescrivere una visita senologica o direttamente gli esami necessari , come la mammografia e l’ecografia mammaria.
Dobbiamo prestare molta attenzione ai cambiamenti asimmetrici, cioè che avvengono in un solo seno.
I NODULI
La maggior parte dei noduli mammari hanno natura benigna. Essi presentano contorni netti, sono mobili, hanno forma tondeggiante o ovoidale, sono palpabili come noduli quasi indipendenti dal tessuto mammario che li circonda. A seconda della loro natura, possono essere tendenzialmente duri (solidi) o molli ( a contenuto liquido o costituzione adiposa).
Il consiglio di Voglia di Vivere dopo la lettura di questo articolo:
Regola numero 1 : un sintomo sospetto deve indurci a rivolgersi sempre al proprio medico di famiglia per una prima valutazione, una visita senologica e gli eventuali accertamenti diagnostici. Niente allarmismi: è severamente vietato pensare subito al peggio!
Per saperne di più vi invitiamo a consultare le pagine:
http://www.humanitas.it/news/21550-prevenzione-del-tumore-al-seno-segnali-cui-prestare-attenzione
http://www.humanitas.it/sintomi/presenza-di-un-nodulo-mammario