Un centinaio di anni fa, Albert Einstein rivoluzionò la fisica con la sua teoria generale della relatività. Rivelò che il mondo lineare che Newton aveva descritto era incredibilmente più complicato. Nell’ottobre 2017, il premio Nobel per la fisica è stato assegnato a scienziati i cui esperimenti sulle onde gravitazionali hanno dimostrato che Einstein aveva ragione.
Non di molto tempo fa la notizia che Jeff Bezos, fondatore di Amazon, non prende decisioni importanti dopo le 17:00. Questo perché ritiene di non essere abbastanza lucido per fare scelte ponderate.
Le nostre convinzioni
Il presupposto da cui tutti partiamo è che ognuno di noi decida basandosi sulla razionalità. In realtà, però, siamo influenzati da preferenze apparentemente irrazionali nel fare scelte sui benefici, i rischi, il tempo ed i compromessi. Di fatto queste sono piuttosto diverse da quelle che sarebbero previste da freddi, anche se precisi, calcoli quantitativi.
Le nostre convinzioni sono modellate dalle esperienze recenti e da eventi passati. Spesso sovrastimiamo le ridotte probabilità (come i rischi rari di un farmaco) rispetto a quelle di grandi dimensioni (come i benefici dei farmaci). La ragione è la stessa per cui molte persone temono di morire in un incidente aereo più che in uno automobilistico, anche se quest’ultimo è molto più probabile.
Fattori sociali, economici e politici e quelli che hanno a che fare con la “psicologia diffusa”, con la farraginosità del sistema burocratico e via discorrendo contribuiscono alle nostre idee. In una situazione in cui ogni decisione, dall’uso delle mascherine ai lockdown, dal lavarsi le mani alle vaccinazioni, per essere effettiva deve essere necessariamente “di massa”, quindi applicata da tutti con lo stesso grado, non si può non tenere conto della percezione diffusa del rischio, che quasi mai corrisponde con l’effettività del rischio calcolata su base statistica.
Prendere decisioni
In ogni momento della nostra vita siamo chiamati a prendere decisioni. Quante volte ci troviamo stanchi e spossati, incapaci di prenderne con lucidità a fine giornata? Quante altre siamo provati da ore di lavoro senza che si sia fatta alcuna attività fisica?
Secondo Baumeister e colleghi (1998) il presupposto di base è che la capacità degli esseri umani di controllare il proprio comportamento non è illimitata. Può andare incontro a esaurimento. In maniera analoga alla fatica fisica dopo uno sforzo, ogni scelta che la persona compie consuma una parte di risorse interne che non possono più essere utilizzate per processare le informazioni, ragionare sui problemi e, quindi, prendere decisioni.
Man mano che compie scelte, la persona consuma le risorse che quotidianamente ha a disposizione, arrivando a terminarle. In questo senso, quindi, la stanchezza derivante dal prendere decisioni assume il ruolo di indicatore che le risorse interne si stanno esaurendo.
Per quanto la stanchezza dovuta a scelte ripetute sia un fenomeno naturale è vero anche che, ad oggi, siamo esposti ad una quantità di situazioni in cui è richiesta una scelta molto più che in passato.
Una delle conseguenze più evidenti della fatica da decisione è che la persona diventa incapace di fare compromessi e di riflettere sulle opzioni a disposizione, arrivando ad assumere un atteggiamento passivo nei confronti di qualsiasi nuova situazione in cui debba decidere, facendo scelte che possono apparire impulsive o irrazionali.
Cosa ci può essere d’aiuto?
Informarsi, confrontarsi, fare tesoro delle esperienze passate, affidarsi alla scienza e a professionisti, sono alcune delle azioni che possono aiutarci ad alleggerirsi da questa fatica e poter indirizzare le nostre energie verso ciò che ci aiuta a star bene.
Claudia Bonari