Famiglia

INSIEME SIAMO PIÙ FORTI: l’importanza del sostegno alla famiglia

“Ohana” significa famiglia e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato.

Lilo & Stitch

 

Il concetto di salute definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” che “non consiste soltanto in un’assenza di malattia o di infermità” sottende la visione della persona come un’unità inscindibile mente corpo e indica come, nell’affrontare la malattia, ciò divenga ancora più rilevante e richieda un approccio globale al paziente. In tal senso il modello di presa in carico che si va diffondendo tiene conto delle diverse variabili concorrenti allo stato di salute e ai processi di cura, curabilità e care.

Essere attenti al contesto familiare, in particolar modo al/ai caregiver che accompagnano il paziente, rappresenta un importante fattore di cura che non può essere trascurato.

Nel corso degli ultimi decenni si sono osservate profonde trasformazioni nella struttura e nelle relazioni familiari avvenute parallelamente ai radicali cambiamenti del tessuto socioeconomico. Le grandi famiglie, di composizione allargata, si sono progressivamente frammentate dando origine alla famiglia nucleare composta da un numero ristretto di membri.

Quando un componente riceve una diagnosi importante, in realtà è l’intero sistema familiare che la riceve. Accanto al paziente da tutti riconosciuto come tale, si creano le condizioni perché vi siano dei “pazienti nascosti”, ovvero la o le persone che accompagneranno la persona che ha ricevuto la diagnosi in tutto il suo percorso.

Cosa fa un familiare? Accompagna il paziente alle visite, se e quando necessario parla con i medici, si occupa delle formalità burocratiche, dell’alimentazione, delle terapie, dell’igiene personale, sostiene il paziente in ogni momento e può trovarsi nelle condizioni di dover lasciare il lavoro. Ovviamente non è detto che sia una sola persona che si fa carico di tutte queste attività, ma possono essere condivise, laddove possibile, con altri componenti della famiglia.

Nell’approccio globale al paziente, diventa fondamentale, quindi, prendere in carico il sistema familiare come intervento di sostegno alla salute del paziente, rispettando la storia, le risorse e le fragilità della famiglia che arriva, appunto, all’evento malattia con tutto un bagaglio di esperienze e di vissuti che non possono essere trascurati. Ogni famiglia ha il suo livello di adattabilità agli eventi della vita, ha un suo punto di equilibrio e di stabilità che deve essere, in primis, rispettato e, laddove necessario, è importante un percorso di accompagnamento nel trovare un adattamento più funzionale alla situazione che si sta vivendo, preservando il più possibile l’identità dei singoli e dell’intero nucleo.

Far sentire il paziente e tutto il sistema familiare partecipe del processo di cura, rappresenta un fattore protettivo molto importante.

Coniugare la necessità di una presa in carico con il mantenimento di prospettive di ritorno alla propria vita anche se l’oggi è condizionato dalle cure e dalla malattia, resta compito fondante dell’équipe allargata di cura l’attenzione alla storia precedente e il sostegno dei legami e dei progetti.

 

Qual è stata la tua esperienza?

 

 

Tumore al seno

“Stoccate rosa” dopo il tumore

Ormai è noto,  l’ attività fisica regolare è  fondamentale dopo un tumore al seno, deve essere però adattata alle pazienti, filtrata e supervisionata da medici specialisti. Che ne direste di tirare qualche colpo di sciabola, spada e fioretto per ritrovare l’equilibrio fisico e psicologico dopo l’intervento?

Una idea, Azienda Sanitaria USL Toscana Centro, semplice ed innovativa  che trasforma la scherma in una pratica fisica adattata (A.F. A),efficace per il recupero psicofisico post operatorio.  Stoccate e affondi, seguendo una precisa traiettoria, aiutano  a recuperare la mobilità del braccio in modo istintivo, favoriscono un miglioramento degli atteggiamenti posturali di tutto il corpo ed il recupero di spalla e braccio dal lato dell’ intervento. Non solo,  questa disciplina, tutta giocata in difesa ed al tempo stesso in  attacco, contribuisce  a ritrovare la grinta e la forza per riprendere confidenza con il proprio corpo e ritrovare la voglia di ricominciare. Ebbene, se  le stoccate vi incuriosiscono ed avete voglia di sperimentare l’eleganza del “fleche”ecco tutte le informazioni utili.

Criteri di inclusione :

  • donne operate al seno
  • senza limiti di età
  • che abbiano terminato la fase riabilitativa( se necessaria)
  • cicatrizzazzione postuma dell’ intervento avvenuta

Non sono criteri di esclusione:

  • la linfoadenectomia
  • il linfedema
  • la radioterapia
  • presenza di post
  • chemioterapia in atto.

 

  • Il percorso per le iscrizioni prevede l’invio da parte dei fisiatri,  fisioterapisti, chirurghi, oncologi ed associazioni al fisioterapista che fa la valutazione A.F.A per l’azienda sanitaria di provenienza(Prato o Pistoia)
  • Per le visite di valutazione da parte del fisioterapista ASL ecco i numeri ai quali potrete rivolgervi :
  • Pistoia: numero verde 8002518822 ( dal lunedì al venerdì dalle 11,00 alle 13,00)
  • Prato : telefono 0574/807850.

I corsi si terranno presso la palestra della Fondazione C.Ri.D.A. a Montale il martedì mattina dalle ore 10,00 alle 11,00.

L'amore che mi resta Voglia di Vivere

Recensione L’amore che mi resta

Michela Marzano scrive un commovente romanzo sulla maternità, sull’adozione e la genitorialità. Un viaggio nel dolore assoluto, con le parole esatte per nominarlo, una narrazione che ti toglie il respiro, ti porta all’inferno e poi finalmente a rivedere la luce, alla scoperta della verità.

L’autrice: Michela Marzano ( Roma 20 Agosto 1970) filosofa, docente all’ Università di Parigi V. René Descartes ha diretto il dipartimento di scienze sociali della Sorbona. Autrice di numerosi saggi di filosofia morale e politica ha vinto nel 2014, il premio letterario Bancarella con il volume L’ amore è tutto. È tutto ciò che so dell’ amore edito da UTET.

Trama: La sera in cui Giada si ammazza, Daria precipita in una sofferenza che ” coltiva” con dedizione religiosa perché è tutto ciò che le resta della figlia adottiva. Una sofferenza, che la letteratura non deve aver paura di affrontare e che ci porta, pagina dopo pagina, a seguire Daria nel suo buio dove, neanche il marito ed il figlio riescono ad aiutarla. Ricominciare a vivere, per Daria, significa quasi un sacrilegio davanti allo” scandalo” di una perdita così devastante. La sua era una famiglia perfetta: due figli splendidi, un marito, Andrea, insegnante universitario, con il pallino delle parole che, essendo importanti non vanno sprecate. Poi, il suicidio di Giada e tutto diventa buio. Daria, vuole solo ripercorrere il passato barricandosi dietro i ricordi di quando non riusciva ad avere bambini, del momento in cui aveva adottato Giada ed il mondo le pareva essersi aggiustato. E poi, inaspettatamente un figlio naturale, le gelosie, la verità sull’adozione di Giada, i ricordi della maternità, dell’ amore che cura tutte le ferite ma anche dei vuoti, dei dubbi, di una parte di Giada mancante.

Recensione: Un libro intenso, una storia raccontata da una madre trincerata nel suo dolore con flashback improvvisi ed emotivamente potenti. Un viaggio nel dolore ed allo stesso tempo nei bisogni di tutti noi, il desiderio di essere accolti, il nostro insaziabile bisogno di essere amati, perchè senza amore si è morti ,ancor prima di morire.

Michela Marzano, L’amore che mi resta, Einaudi 2017

Via Ripetta 155 Voglia di Vivere

Recensione Via Ripetta 155

Via Ripetta 155, libro finalista  Premio Strega 2017

Autrice: Clara Sereni, scrittrice, traduttrice, giornalista e altro ancora nel mondo della disabilità psichica e mentale. E’ stata presidente della associazione “La Città del Sole”. Nasce a Roma nel 1946, suo padre è un importante dirigente del P.C. di Roma, ma desidera indipendenza e si avvicina alla estrema sinistra ,intuisce il nuovo e vi si butta a capofitto. Va a vivere da sola, in via Ripetta 155 appunto. Vive in libertà, legge testi di avanguardia e vede film impegnati politicamente che alimentano intere nottate a discutere con il suo gruppo per cercare di capire cosa succede in Italia e nel mondo. Attualmente vive a Perugina e dirige la collana”le farfalle”.

Trama: Il libro è di genere autobiografico . L’autrice racconta la sua vita tra il 1968 e 1977, più precisamente come è stato per lei vivere da sola, in quegli anni di rinnovamento, libertà, ricerca di giustizia e ribellione verso una generazione che ormai aveva fatto il suo tempo. Una donna di 20 anni disorientata dai venti di cambiamento. Combatte la solitudine, le difficoltà e vive i tragici eventi politici di quegli anni con una forte partecipazione personale che le riconosco come caratteristica identitaria che sicuramente ancora la caratterizza. Una donna che ha vissuto il suo tempo e lo ricorda a chi come lei si è impegnata e lo racconta a chi come me non è riuscita a coglierlo e a capirlo spostando di qualche decennio la consapevolezza sociale e civica.

Analisi:  L’autrice ha pubblicato il libro nel 2015 e racconta i fatti del decennio 1968-1977. certamente trovandosi in un momento significativo della propria vita può riflettere con calma su quello che ha vissuto da giovane. Io aggiungerei però che altri autori (Francesco Piccolo, Romano Lucherini….) hanno pubblicato libri relativi a quel decennio solo dopo il 2000. Probabilmente quella generazione così impegnata si è sentita delusa dalla escalation della violenza di quegli anni e non si è identificata nella contestazione sanguinaria tra gruppi politici opposti. Il desiderio di raccontare episodi della propria vita fa sì che ne scaturisca una storia che ha sapore di verità e di informazione. Leggere questo libro significa, secondo me, confrontare le nostre esperienze di quel periodo con esempi di vita vissuta che arricchiscono e fanno riflettere. Il lessico è colloquiale, ma il costrutto e la punteggiatura sono più simili al linguaggio parlato che scritto.

Giudizio: L’argomento richiede spiccati curiosità e interesse riguardo agli anni 1968-1977. E’utile leggerlo per un confronto se, come me , si è contemporanei dell’autrice, e’ importante per le generazioni di oggi conoscere momenti della vita italiana che ha poi prodotto questa nostra Italia contemporanea ( considerando che i fatti storici studiati in quinta superione al massimo arrivano alla guerra fredda tra Comunismo e Capitalismo).
Mariangela

 

Noi due come un romanzo Voglia di Vivere

Noi due come un romanzo

Noi due come un romanzo

“Adesso sto davvero bene qui, tra gli amori di carta. Amori sicuri che non si dissolvono in una ragnatela di rughe e che hanno messo a tacere le compassionevoli preoccupazioni di amiche ed amici, ex mariti, ex amanti, convinti che in campo sentimentale io non abbia seguito quella che loro, sapientoni, definiscono un’evoluzione. “

L’autricePaola Calvetti ( Milano 1958) si è diplomata al Liceo Linguistico Alessandro Manzoni di Milano, si è laureata al Dams di Bologna ed ha iniziato a collaborare al quotidiano Repubblica con recensioni sullo spettacolo. Dal 1993 al 1998 ha diretto l’ufficio stampa del Teatro alla Scala.  Ha lavorato per trasmissioni Rai ed in particolare ha partecipato alla trasmissione di Rai Tre Linea Notte con la rubrica  La libraia dell’amore. Finalista al Premio Bancarella con il romanzo d’esordio, L’amore Segreto, i cui diritti sono stati acquistati da Rai Cinema e Urania Film. Nel 2004 è uscito per Bompiani Né con te né senza di te, giunto alla quarta edizione in quattro mesi. É autrice di Cara Sorella,(2011)  Olivia, ovvero la lista dei sogni possibili, ( Mondadori 2009) e Gli Innocenti, ( Mondadori 2017)

 La trama : Vi è mai capitato di svegliarvi una mattina e sentire che la vostra vita è ad un punto di svolta? A Emma,  accade d’improvviso, alla soglia dei fatidici cinquant’anni quando ormai è una donna arrivata, con una brillante carriere, un figlio adolescente ed un ex marito garbato e gentile. Eppure Emma sente che qualcosa deve cambiare ed accetta la sfida: rileva la cartoleria ricevuta in eredità da una zia e la trasforma in una stravagante libreria. Sogni&Bisogni, questo il nome, venderà solo romanzi d’amore e diventerà in poco tempo il rifugio  ed il luogo d’incontro di tanti personaggi , uomini e donne, giovani ed anziani  che portano le loro vite fra i libri e così facendo ne scoprono di nuove. Anche Emma ritroverà, grazie alla libreria, Federico il suo grande amore che vive a New York ed è sposato. I due, per colmare la distanza che li separa  stringeranno un patto : scriveranno solo lettere di carta che voleranno veloci fra due caselle postali ma, il delicato equilibrio di questa storia d’ amore, non può durare per sempre…

Il commento: Sogni&Bisogni è il nome di una libreria che vi incanterà: tanti personaggi che sembrano uscire dalle pagine dei romanzi, e che sono  invece, persone vere con le loro vite e la voglia di ritrovarsi e raccontarsi. La storia si intreccia in mille sfumature e si concentra sull’animo umano e la sua realizzazione. La scrittura semplice e ricca di citazioni si fa incalzante ed emozionante assecondando i” sogni e bisogni” dei protagonisti.

Noi due come un romanzo,” Paola Calvetti – Arnoldo Mondadori Editore – 2009 

Mi fido di me Voglia di condividere

Mi fido di me?

“Tutti abbiamo dentro un’insospettata riserva di forza che emerge quando la vita ci mette alla prova”

I. Allende

Il necessario adattamento che la vita chiama a mettere in campo ogni giorno, di fronte all’incontro con una patologia oncologica, subisce un inevitabile “scossone”. Alla persona protagonista di questo, possono essere richieste capacità che, magari, fin a quel momento non pensa di possedere.
Il carico emotivo, l’incertezza, la sofferenza fisica ed emotiva dovute anche al percorso di cura, comportano un elevato distress ed una necessaria ricerca di un nuovo equilibrio.

Il concetto di “patient empowerment”, coniato e sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dal 1970, sta a significare il coinvolgimento del paziente nelle scelte che riguardano la propria salute. Ad oggi, molto lavoro c’è ancora da fare per la sua quotidiana traduzione nella prassi clinica, ma certamente questo concetto più generale può essere realmente efficace se la persona sente di poter essere lei stessa efficace, di avere un ruolo attivo nella sua vita.
Un compito, quindi, che i clinici hanno è quello di creare e condividere dei percorsi che supportino i pazienti a sviluppare il senso di autoefficacia, laddove è carente, e rafforzarlo.

L’autoefficacia (Bandura, 1997) può essere definita come “l’insieme delle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati”, in altre parole, la fiducia che la persona ha delle proprie capacità e di come queste possano condurre agli effetti desiderati. Non è un sinonimo di una generica fiducia in se stessi, ma prevede una profonda convinzione di poter affrontare in maniera efficace le sfide, di essere all’altezza delle situazioni.

“L’autoefficacia, non è dunque una misura delle competenze possedute, ma la credenza che la persona ha in ciò che è in grado di fare in diverse situazioni con le capacità che possiede”

L. Borgogni

Il senso di autoefficacia risente delle esperienze, delle relazioni che la persona ha nel suo “bagaglio” di vita, ma è importante considerare che queste possono essere integrate con possibilità altre che nascono dai nuovi incontri che la persona fa nel corso della sua esistenza.
La rete familiare, sociale, il team curante possono essere fonte di una sensazione nuova di maggiore sicurezza ed efficacia. Comunicare, condividere le scelte terapeutiche, mettere la persona al centro del proprio percorso di cura è vitale. Essere ascoltati, avere una comunicazione diretta con i curanti e con i propri familiari riduce i livelli di ansia, preoccupazione e stress legati alla malattia. Un buon grado di informazione, una sufficiente fiducia nelle proprie capacità e la sensazione di poter mantenere un senso di controllo sulle conseguenze del proprio comportamento sono alcuni degli elementi importanti per affrontare al meglio le difficoltà. È indubbio che, di fronte a patologie croniche od oncologiche non è solo questo costrutto che ne determina l’andamento ma è sicuramente un fattore fondamentale. Porsi obiettivi graduali e commisurati alle effettive possibilità è un buon modo per aumentare il
proprio senso di autoefficacia.
Le persone con un buon livello di autoefficacia sono più inclini ad adottare strategie più funzionali al mantenimento di un buono stato di salute calibrate sulle peculiarità del momento specifico che si trovano a vivere.

Ed io? Ho fiducia nelle mie capacità?

Come ho vissuto le difficoltà che ho incontrato nella mia vita?

Ho “scoperto” qualcosa che non sapevo di me?

Tumore al seno noduli voglia di vivere Pistoia

Salute seno: non solo noduli, occhio a questi segnali!

La presenza di un nodulo al seno, non è l’unico campanello di allarme che dovrebbe spingere una donna a rivolgersi al proprio medico, ci sono altri segnali ai quali dobbiamo prestare molta attenzione.

  • alterazione della pelle che può diventare a “buccia di arancia” o cambiamenti della forma del seno come
  • avvallamenti o rigonfiamenti
  • alterazioni del capezzolo che può apparire retratto o più sporgente, che può secernere liquido o sangue o
  • che può diventare molto duro o dare prurito.
  • rigonfiamenti del seno o di una parte di esso
  • ingrossamento dei linfonodi ascellari o del collo

Può davvero essere molto difficile distinguere una ghiandola, una ciste, o alterazioni del seno da un nodulo sospetto. Per questo, prima di allarmarsi , è bene contattare il proprio medico di base che potrà prescrivere una visita senologica o direttamente gli esami necessari , come la mammografia e l’ecografia mammaria.

Dobbiamo prestare molta attenzione ai cambiamenti asimmetrici, cioè che avvengono in un solo seno.

I NODULI

La maggior parte dei noduli mammari hanno natura benigna. Essi presentano contorni netti, sono mobili, hanno forma tondeggiante o ovoidale, sono palpabili come noduli quasi indipendenti dal tessuto mammario che li circonda. A seconda della loro natura, possono essere tendenzialmente duri (solidi) o molli ( a contenuto liquido o costituzione adiposa).

Il consiglio di Voglia di Vivere dopo la lettura di questo articolo:

Regola numero 1 : un sintomo sospetto deve indurci a rivolgersi sempre al proprio medico di famiglia per una prima valutazione, una visita senologica e gli eventuali accertamenti diagnostici. Niente allarmismi: è severamente vietato pensare subito al peggio!

Per saperne di più vi invitiamo a consultare le pagine:

http://www.humanitas.it/news/21550-prevenzione-del-tumore-al-seno-segnali-cui-prestare-attenzione

http://www.humanitas.it/sintomi/presenza-di-un-nodulo-mammario

Terapia Oncologica Voglia di Condividere

Terapia Oncologica : affrontare la malattia

C’è un modo “giusto” di affrontare la malattia oncologica?

Si potrebbe dire che esistono “tante malattie oncologiche” quante le persone che incontrano questa diagnosi nel corso della loro vita.

Le emozioni che si presentano possono essere molto intense e diverse fra loro, dopo incredulità, diniego e disorientamento, la persona si trova a dover fare i conti con questa nuova ed inaspettata fase e le risorse (personali e sociali) a cui può ricorrere.

Ognuno vive la sua quotidianità e le sfide che si possono presentare, in modo profondamente soggettivo, promuovendo di volta in volta un processo di adattamento.

Il momento di vita in cui la persona riceve la diagnosi, il tipo di diagnosi e la modalità attraverso cui è stata comunicata e ancora la sua storia di vita, la rete sociale a cui appoggiarsi,…sono alcuni dei fattori che influenzano e determinano, almeno in una fase iniziale, il modo in cui sarà affrontata questa realtà.

Affrontare la malattia implica anche vivere perdite a diversi livelli: quello che “prima” veniva percepito e vissuto come “normale”, con la malattia può assumere un peso e un significato diversi.

La comunicazione rappresenta uno degli eventi più stressanti che alcune persone si trovano a dover affrontare nel corso della loro vita, un cambiamento non solo su un piano fisico ma anche mentale: cambia il modo di percepire e sentire il proprio corpo, cambia la percezione che si ha del mondo, cambiano le relazioni sociali e interpersonali.

Nei racconti dei pazienti, spesso la malattia è valutata come uno spartiacque, che divide inesorabilmente quello che c’era prima (“prima facevo tutto, ero indipendente, ero il punto di riferimento per gli altri”) da quello che c’è ora (“ora non riesco più a fare niente, ho bisogno degli altri, sono un peso”).

Questo vissuto investe non solo la persona che riceve la diagnosi, il paziente, ma anche l’intero nucleo familiare di riferimento che dovrà, inevitabilmente, cercare una nuova forma di adattamento a questa situazione.

Come abbiamo accennato nell’articolo dello scorso mese, si parla di “coping” individuale ma anche familiare, a intendere, quindi, le modalità di reazione agli eventi stressanti che l’intero sistema mette in atto per adattarsi a questa inaspettata fase di vita.

Il “chiedere aiuto” è il primo punto da prendere in considerazione; in un articolo del 2012 della Fondazione Veronesi si sostiene: “Lo stress altera l’equilibrio fisico, la mancanza di sonno aggrava la situazione e la qualità di vita degenera rapidamente, sfociando spesso in un’apatia generalizzata. In Italia, come nel resto del mondo, le statistiche dimostrano che circa il 30 per cento dei pazienti oncologici ha difficoltà ad «adattarsi» alla malattia e, seppure in fasi diverse, sente il bisogno di un sostegno psicologico. Molti, però, lo reputano purtroppo ancora un tabù”.

Affidarsi alla rete, dei professionisti della salute sì, ma anche quella familiare, amicale, sociale (con le Associazioni del territorio), può essere il fattore che, oltre ad un’adeguata terapia medica, fa davvero la differenza.

Qual è stata la mia esperienza?

Ho vissuto la possibilità di chiedere aiuto?

Quali sono i fattori che mi hanno aiutato/a nell’affrontare i primi momenti?

(Come paziente o familiare)

Terapia Oncologica

Medicina narrativa

Medicina narrativa in Oncologia: il malato vuole essere ascoltato

Medicina narrativa

Le principali Emozioni nei pazienti Oncologici sono rappresentate da:

  • Il Dolore
  • La Rabbia
  • La Paura

Tali emozioni possono esprimersi sotto forma di pensieri intrusivi ma anche a livello di malessere psicosomatico.Le principali Tentate Soluzioni (ciò che tentano di fare in relazione al problema) dei pazienti Oncologici sono volte a:

  • Evitare la situazione problematica o ciò che la ricorda (es: tentare di non pensarci)
  • Parlarne (e lamentarsi) oppure chiudersi
  • Richiedere eccessivo aiuto sopratutto ai familiari ovvero delegare e assumere una posizione passiva di vittima (rinuncia).

Scrivendo o raccontando la propria storia:

  • Le emozioni provate (dolore, rabbia, paura) vengono elaborate, finché la persona si distacca gradualmente da esse.
  • Si blocca il tentativo di evitare il problema, dando uno spazio specifico e delimitato a tali emozioni in modo da imparare a gestirle e non viverle più come intrusive.
  • Si permette al paziente di esternalizzare le emozioni ma al tempo stesso evitando di coinvolgere eccessivamentegli altri;

In questo modo si impedisce il diffondersi della sofferenza e si incrementa nel paziente la capacità di coping e il senso di autoefficacia.

L’uso della Narrazione crea talvolta Resistenza nei pazienti. Questo perché scrivere risulta essere molto doloroso ed è una richiesta opposta a ciò che fin’ora il paziente ha tentato di fare.

Ma sappiamo bene che:

“L’ unico modo per venir fuori dal dolore è passarci nel mezzo”

(Robert Frost)

e che

“Chi descrive il proprio dolore, anche se piange, è sul punto di consolarsi”

(Ugo Ojetti)

La relazione medico/paziente

Nella relazione medico/ paziente quindi la malattia è ciò che vive e racconta il paziente, non soltanto segni e sintomi. Ogni caso ha la sua storia: narrarla può essere terapeutico, ascoltarla significa passare dal curare al prendersi cura e non considerare più la patologia un semplice fatto biomedico.

I reclami all’ospedale riguardano quasi sempre la comunicazione tra paziente e medico

Oggi, se va bene, un colloquio in ambulatorio con il medico dura qualche minuto. Chi soffre, però, ha voglia di parlare, di avere una relazione vera con chi lo cura, di sentirsi chiamare per nome. Se non accade, il malessere diventa più grande e non a caso molti poi si sfogano sui blog nella rete. In uno studio sono stati analizzati 110 reclami presentati in ospedale e si è potuto riscontrare che lo scontento si riferiva quasi sempre alla mancanza di rapporto e di vera comunicazione con i medici. Nel 57% dei casi i problemi derivavano dalla mancanza di spiegazioni e dialogo, nel 48% si lamentava scarsa relazione con i medici, nel 36% discrepanza fra bisogni del paziente e percezione del curante.

La soluzione potrebbe essere la “cartella clinica integrata” proposta dalla medicina narrativa, nella quale far confluire le parole dei malati per accogliere l’esigenza di raccontarsi e non essere solo un numero, ma anche per migliorare la pratica clinica, «La vera cura passa dal coinvolgimento diretto e attivo del paziente. Metterlo al centro, ascoltandolo per sapere che cosa pensa e come si sente davvero, aiuta a creare percorsi di cura condivisi, ridurre le pratiche inutili, migliorare le terapie». La medicina narrativa consente diagnosi più approfondite, favorisce le relazioni fra paziente, famiglia e medici, ottimizza la qualità del servizio ma, soprattutto, ha un impatto sull’esito delle cure, perché i malati le seguono meglio e si riduce la loro sofferenza

E nella nostra esperienza?
Quando ci siamo davvero sentite ascoltate?
Cosa ci ha fatto sentire libere di esprimerci e chiedere?
A chi e in quali luoghi è utile raccontarsi?

nutrirsi in terapia

Cosa, come, quanto : nutrirsi in terapia

” La saggezza dei latini ci ha insegnato che repetita iuvant e, soprattutto nei momenti di difficoltà, ricordare e ripetere gesti e parole confortanti rappresentano un sostegno della cui necessità raramente ci rendiamo conto. Aiutare a seguire le regole del mangiar sano, anche quando la chemio e la radio picchiano duro e, sono ammesse delle deroghe, significa non imporre al proprio corpo altre inutili privazioni ma aiutarlo, con semplici accorgimenti, a fronteggiare meglio le cure”

 nutrirsi in terapia L’idea di scrivere un libretto dedicato all’alimentazione durante le cure oncologiche nasce proprio dalla consapevolezza che la dieta, nel suo significato originale di “stile di vita e non di privazione, possa davvero contribuire a far ritrovare il benessere anche in quei momenti in cui tutto davvero sembra remarci contro”.

Seguire una alimentazione mirata, scegliendo consapevolmente i cibi con i quali nutrirsi (cosa), le loro modalità di assunzione (come) e la quantità (quanto) in cui sarà meglio organizzare la dieta, diventano informazioni irrinunciabili. Si tratta, alla fine di riconvertire il proprio stile di vita ed abbracciare abitudini diverse e sane.

 

 

Siamo molto fiere di questo piccolo libretto che è nato grazie all’affetto di tante donne che hanno incoraggiato il lavoro del nostro ambulatorio nutrizionale, attivo presso la nostra sede operativa di Via G. Gentile. Ad oggi abbiamo seguito più di 50 pazienti e siamo felici del sempre crescente numero di richieste che riceviamo su richiesta dell’Azienda Sanitaria con la quale oggi, grazie ad una convenzione, abbiamo definito una collaborazione ancora più stretta. Ed infatti, proprio dal mese di Gennaio 2018, presso gli Ambulatori del Day Hospital il servizio di psicologia viene affiancato dalla dietista. Insieme, le due figure professionali, da noi coordinate, incontrano le donne che cominciano le terapie e continueranno a seguirle durante tutto il loro percorso di cura. Alla consulenza nutrizionale si accede direttamente dal Day Hospital Oncologico su prenotazione degli operatori sanitari, oppure, contattando la nostra Associazione.
Sono davvero molte le energie che impieghiamo per sostenere il progetto, “Nutrite ed Informate” con l’organizzazione di eventi di raccolta fondi, ( la Camminata in Città di Ottobre rosa) ma è grazie all’aiuto concreto e generoso dell’ Associazione Komen Italia che, con una erogazione liberale biennale, ci ha permesso di attivare il servizio nel 2016 e della Banca d’Italia che con una donazione contribuirà al proseguimento del progetto per tutto il 2018. Ci ha guidato ed incoraggiato alla realizzazione di questo piccolo libretto la Dott.ssa Lisa Sequi, responsabile del nostro ambulatorio nutrizionale. A lei va il grande merito di aver messo a disposizione tempo e professionalità per filtrare, aggiustare e sistemare tanti consigli utili e preziosi con la volontà e la ” caparbietà ” di far passare un messaggio importantissimo: restituire alla parola dieta il valore di cura costante della propria vita.
Non ci resta che augurarvi buona lettura!
Grazie a tutti di cuore!

Per aprire il libretto clicca qui Cosa,come, quanto. Consigli alimentari durante le terapie
oppure
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