Il bello della bicicletta
Delle tante declinazioni in cui la famosa locuzione Cogito ergo sum è stata coniugata, troviamo particolarmente azzeccata quella che Marc Augé usa nel suo libro “Il bello della bicicletta”: pedalo quindi sono. Nel libro, Augé compie una analisi del rapporto fra individuo e bicicletta, andando ben oltre l’idea di stampo “salutista” alla quale siamo abituati associare pedalate e benessere. Infatti, tutti siamo consapevoli che usare questo mezzo faccia bene a noi e all’ambiente, ma non sempre consideriamo che l’andare in bicicletta è anche molto di più: quello cui Augè guarda, con gli occhi dell’antropologo, attribuendo a questo mezzo funzioni di rilevante impatto sociale.
Intanto, con la bici non si inganna, con lei siamo messi corpo a corpo con noi stessi in una prova di esaltante solitudine, di esperienza intima e individuale. Al tempo stesso è però occasione di socializzazione, reinventando legami cui gli esseri viventi sono naturalmente propensi, stimolando la gioia di vivere.
Stuzzica la fantasia trova spazi progettuali, di cui Augé porta esempi di esperienze vissute, a Parigi ma anche in altre città italiane, come alcuni capoluoghi Emiliani.
Non tralascia riflessioni su come una città potrebbe essere concepita per darle una dimensione meglio vivibile, pronta ad accogliere le due ruote per farle diventare fulcro di rinnovata armonia fra persone e organizzazione sociale. Abbiamo bisogno di percepire il mondo con naturalezza, e la bici è il mezzo principe per recuperare il senso della città e l’esperienza di libertà, troppo spesso soffocati.
Per introdurre tutti questi concetti, l’autore parte da lontano, ripercorrendo le tappe (è proprio il caso di dirlo!) del ciclismo e della cultura popolare che costruirono sulla bici un vero e proprio mito. Un libro davvero piacevole.
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