Unicorni e trame fiamminghe

Un paio di settimane fa – esattamente domenica 16 giugno – siamo state invitate a Ponte Buggianese dalla Associazione La Fenice, dove è stato presentato il libro scritto dalla Presidente Rossana Piccioli “I misteri dell’unicorno nelle trame fiamminghe”. Avete avuto già modo di leggere un breve reportage sul bel pomeriggio trascorso insieme, ma è doveroso rivolgere una riflessione in più al libro, non solo perché a Voglia di Vivere è stato fatto dono di diverse copie per destinare il ricavato a sostenere le nostre attività, ma anche perché si tratta di un libro un po’ particolare, diverso da quello che ci aspettavamo.

I misteri dell’unicorno” è infatti un libro piuttosto intrigante, una sorta di favola in cui una persona adulta possa perdersi per accendere la fantasia, proprio come quando era bambina. Andando oltre la minuziosa documentazione che ricompone la storia dell’unicorno nei significati avuti nel tempo – cosa che potrebbe apparire noiosa – il libro è invece una stimolante ricostruzione dell’idea del mito e dei miti che attraversano le culture umane, dove questa figura ha spesso avuto centralità nella narrazione.

In particolare, l’unicorno compare con assiduità nelle raffigurazioni tipiche dell’arte arazziera, indossando un’interessante molteplicità di significanti. A prescindere da questi, però, prende forma l’altro motivo per cui questo libro ci coinvolge da vicino: fra i tanti esempi di arte arazziera, infatti, attenzione particolare è riservata all’Arazzo Millefiori, ai pistoiesi molto caro e oggi conservato al Museo del Palazzo dei Vescovi a Pistoia.

Il libro di Rossana Piccioli ci ha offerto occasione per riparlarne, e anche per ricordare che i partecipanti alla prossima Camminata in Città, per l’intero mese di ottobre potranno usufruire di uno sconto sul biglietto di ingresso per visitare il museo e ammirare l’Arazzo.

L’Arazzo Millefiori

Tante sono le ipotesi su quando e perché questo arazzo sia arrivato nella nostra città. Una certezza, però l’abbiamo circa la sacralità rituale che ne abbia sempre accompagnato l’utilizzo, durante le celebrazioni del Venerdì Santo, e per questo conosciuto come l’arazzo dell’Adorazione: il prezioso manufatto veniva un tempo disteso sul pavimento dietro l’altare nella Cattedrale di San Zeno, per accogliere il Crocifisso che sarebbe stato adorato dai fedeli.

Si inizia ad avere testimonianza dell’arazzo negli archivi della città di Pistoia dal 1661, come proprietà del Capitolo della Cattedrale, dove è rimasto fino alla primavera del 2013, quando ha preso forma un progetto molto ambizioso (a opera di Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, al quale hanno avuto parte attiva Monsignor Fausto Tardelli, dal dicembre 2014 Vescovo di Pistoia, Don Mario Leporatti, Don Romano Lotti e Don Luca Carlesi per il Capitolo della Cattedrale, oltre che da Cristina Masdea e Valerio Tesi per la Soprintendenza belle arti e paesaggio) che ne ha consacrato la bellezza ai posteri.

Il Millefiori è oggi visibile da un pubblico vasto, valorizzato appunto dalla collocazione all’interno dell’Antico Palazzo dei Vescovi: come una sorta di corridoio proteso verso il futuro, l’arazzo è disposto a conclusione di un percorso espositivo museale ritenuto di alto livello per molteplici fattori, a cominciare dalla suggestione del Palazzo Sinodale – che ospita il museo – per continuare con le opere d’arte che contiene, oltre che per l’originalità con la quale sono proposte al pubblico.

Fra le mura dell’Antico Palazzo Sinodale sono, per esempio, raccolti manufatti di antica arte orafa, ma è anche esposto – in una sala appositamente adattata – un ciclo di pittura a tempera di Giovanni Boldini eseguito su pareti della villa La Falconiera, e più recentemente si sono aggiunti pezzi della collezione Bigongiari: e poi c’è lui, l’arazzo, a sublimare un percorso di bellezza come raramente capita di vedere.

Il Millefiori fu probabilmente realizzato sull’inizio del XVI secolo, con gusto tipicamente tardo gotico, è ispirato dalla Natura, con la cui complicità narra fantastiche storie. Dallo sfondo blu cobalto, come d’incanto sbocciano varietà floreali che vanno a comporre un gioco policromo di pacata gaiezza bucolica: cardi, giaggioli, gigli, margherite, narcisi, nontiscordardimé, papaveri, primule e ancora rosa canina, viole e violette, in mezzo ai quali si animano l’airone, il cane e i conigli, la fagianella e il falco, senza tralasciare lepri e un mitico unicorno che, nel mostrarsi inusualmente prostrato, farebbe pensare ad un gesto di amorevole sottomissione (forse) ai voti coniugali. Ma è soltanto una delle tante supposizioni che velano la storia di questo capolavoro: a parlare in termini oggettivi, invece, restano le dimensioni importanti – 267×790 cm – e la composizione del panno con filati di lana e di seta in 25 diverse tonalità di colore composti in una mirabile fattura.

Affidato alle cure di professionisti della bellezza, seppure in “trasferta” l’arazzo è stato ben presente nello spazio a lui riservato, dove grazie alla tecnologia sono state riprodotte la sua storia e le sue immagini, fin nei minimi dettagli.

Un manufatto davanti al quale inchinarsi, testimone di abilità di cui solo l’intelligenza – artigianale – può alitare la Vita.

Per informazioni rivolgersi a Pistoia Musei